Paolo Palazzi Blog

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27/02/2025

Mai come ora, con lo sviluppo di internet e dei social media, è alla portata di tutti la possibilità di esprimere opinioni e illustrare fatti. Questa enorme mole di informazioni inonda la rete, in tutte le lingue e proviene da ogni luogo. Come accade per tutte le cose nuove che emergono e si diffondono velocemente, questo fenomeno genera anche forti preoccupazioni, in particolare la paura di divulgazioni di cose false e pericolose che possano influenzare in modo “errato” gli utenti di internet (cioè praticamente tutti). Non è un caso che tale preoccupazione venga espressa soprattutto da coloro che, per lungo tempo, sono stati i principali, se non unici, diffusori di notizie: i detentori dei mezzi di comunicazione e i politici. 

La reazione a questa paura del condizionamento incontrollato ha fatto si che, dietro la spinta della politica e dei possessori dei tradizionali strumenti di comunicazione, le piattaforme attraverso le quali si esprimono e si scambiano informazioni e commenti siano state “fortemente invitate” a individuare strumenti di controllo e di censura.
Questo controllo viene essenzialmente fatto lo usano utilizzano due metodi: 

1.    Algoritmi semiautomatici che individuano e censurano la comunicazione attraverso la individuazione di parole e/o immagini chiave. Ad esempio (è solo un esempio, il processo è in realtà molto più complesso e raffinato): “genocidio Gaza”, “terra piatta”, porno, nudo, tortura, sangue, ecc. Questi algoritmi eliminano il post e, in molti casi, bloccano l’autore.

2.    Affidamento a società esterne (come in Italia Open di Enrico Mentana), che segnalano post ritenuti falsi o non conformi alle politiche della piattaforma. I post incriminati vengono eliminati e gli autori sospesi.

Oltre a questo, esiste un filtro che seleziona messaggi e argomenti, mettendone alcuni in evidenza e altri limitandone la visione. Questo meccanismo imita quanto avviene nei post a pagamento (più si paga maggiore è la visibilità del messaggio), con la differenza che, invece del denaro, il criterio di selezione è l'aderenza alle idee (naturalmente mai pubblicamente e chiaramente evidenziate) condivise dai gestori della piattaforma. In questo, l’Intelligenza Artificiale si rivela particolarmente efficace.

Intendiamoci: nessuna piattaforma è esente da queste procedure, ma ridurle e, almeno, evitare i “fact-checking” di stampo censorio, a mio avviso, sarebbe un’ottima cosa.

Se si permette, giustamente, a testate come La Stampa o Il Foglio di far scrivere “giornalisti professionisti” come Iacoboni o Sala, i quali sostenevano che in Ucraina i russi combattevano a piedi nudi e con le pale (sic!), allora è giusto permettere anche ad altri “poveri idioti” di pubblicare post che “dimostrano” come la Terra sia piatta o che il vaccino provochi l’autismo! Certo, molti lettori ingenui ci crederanno, ma dubito che la loro ignoranza sia stata causata esclusivamente da questi post: diventare idioti è un processo molto più complesso.

Del resto, ci sono milioni di persone che credono nella Madonna di Fatima: cosa facciamo, gli chiudiamo la bocca?

Sarebbe auspicabile poter distinguere tra notizie e commenti, specialmente in situazioni di conflitto, ma il giornalismo d’inchiesta è rarissimo e la sua affidabilità difficilissima da valutare. Nella migliore delle ipotesi, i giornalisti cercano di raccontare ciò che vedono, ma inevitabilmente lo fanno con un filtro soggettivo, senza poter offrire una visione completa della realtà. Generalmente le notizie sono quelle diffuse dalle fonti ufficiali e naturalmente variano a seconda di chi le controlla. Spesso i giornalisti utilizzano queste fonti e, a seconda della più o meno palese indicazione del loro editore, le riportano come vere, spesso arricchendole di particolari inventati. Quando poi, in situazioni di guerra, le notizie provengono da reporter embedded, esse derivano da fonti e interviste guidate o costruite ad arte, trasformando desideri e narrazioni in verità.
In una situazione come questa, il fatto di additare come la peste la diffusione di notizie e commenti in modo così allargato e indifferenziato è assolutamente strumentale a mantenere il monopolio della informazione in mano a pochi; quindi, ben venga la possibilità di chiunque a indicare fatti (veri o falsi) e a fare commenti (stupidi o intelligenti).