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Il MES è senza condizioni?

14/05/2020

Si discute ancora molto sulla possibilità di usare i fondi europei del Mes effettivamente senza condizionamenti o meno.

Innanzitutto occorre precisare che, quando si parla di “non condizioni”, ci si riferisce a quelle legate ai “normali” prestiti che il Mes fa ai paesi che lo chiedono.

Queste condizioni sono di due tipi: una preventiva, che riguarda la possibilità o meno di un paese di accedere al credito accettando il controllo e le indicazioni sullo stato finanziario e sulla politica economica del paese; la seconda condizione in itinere, nel corso della durata del credito sino ad almeno la restituzione del 75% della somma, anch’essa riguarda l’accettazione di controlli e indicazioni stringenti sulla politica economica del paese da parte della Banca Centrale Europea (BCE), della Commissione Europea e del Fondo monetario internazionale (FMI), cioè della cosiddetta “troika”. Di fatto il paese viene commissariato dal punto di vista della politica economica con l’unico obiettivo di riuscire a restituire i soldi al Mes.

Questo è il normale funzionamento del Mes. Su questo non c’è discussione, così è stato congegnato e a suo tempo (anni 2011/13) costruito e approvato da tutti i paesi europei e così resterà. Nessuno, a quanto si sappia, ha intenzione a utilizzare questo strumento, che comunque rimane inalterato.

Quella attualmente in discussione è una nuova procedura di accesso al credito da istituire nel periodo della crisi Covid-19. La proposta che viene fatta e che dovrà essere approvata è quella illustrata dalla lettera dei responsabili economici della Commissione europea, Paolo Gentiloni e Vladis Dombrovskis (scarica allegato) Siccome nella lettera si utilizza la terribile abitudine di scrivere citando numeri di articoli di legge e di regolamenti senza richiamarne il contenuto, ho anche allegato il contenuto della normativa che viene citata.

In breve, questo è quello che ho capito, ma leggendo lettera e regolamento allegato ognuno può farsi la sua idea.
Il prestito Covid-19 viene attivato a due condizioni preliminari: che non superi il 2% del PIL del paese che lo chiede e che i soldi siano utilizzati per spese sanitarie dirette o indirette legate alla pandemia. Questa seconda condizione comporta anche una sorveglianza da parte del Mes che il credito sia effettivamente utilizzato per le spese sanitarie. Se ci sarà o meno un controllo che tali spese siano aggiuntive e non sostitutive attraverso furbizie di bilancio non è detto, ma forse è probabile.

Ma c’è un’altra condizione in itinere, nel corso della durata del prestito, espressamente richiamata dalla lettera con un numeretto (Art14, n.472/2013): legata alla restituzione del debito. La condizione è quella del “normale” funzionamento del Mes e, anche se viene in modo sibillino un po’ mitigato, di fatto è il controllo sul paese sino a quando non restituisca il 75% del prestito per la sua durata, sino a di 10 anni. Su come quando e a che ritmi e scadenze tale debito debba venir rimborsato non si sa.

Per dare un giudizio sulla convenienza o meno di utilizzare questi fondi bisogna fare il confronto con un altro modo di ottenere risorse: quello di indebitarsi con il mercato.

Le differenze sono due, una è relativa agli interessi sul debito: nel caso del Mes il tasso di interesse dovrebbe essere circa lo 0,25%, che è inferiore al tasso pagato oggi dai Titoli di stato decennali, circa lo 1,8%. Ma sono calcoli molto difficili, perché tale valore cambia ogni giorno e non si sa quale potrebbe essere nel momento in cui effettivamente si ricorresse alla emissione. I calcoli che si leggono su giornali sono fatti nell’ipotesi in cui il credito venga utilizzato completamente (36 miliardi) in una sola tranche subito all’inizio e restituito, sempre in un’unica tranche dopo dieci anni; cosa assolutamente improbabile e irrealistica. Quindi questi risparmi, che forse ci sono, sono molto inferiori alle cifre (6 miliardi in 10 anni) che si sono lette sui giornali. Anche perché, per un eventuale finanziamento alternativo delle spese sanitarie, si potrebbe ricorrere a strumenti di debito pubblico a tassi più bassi di quelli dei BTP decennali.

Quello che comunque è sicuro è che questo prestito comporterà una “intrusione” di “esperti” europei nei nostri conti pubblici e nella nostra politica economica. 

Quanto possa essere vincolante, oppressiva o all’acqua di rose questo intervento non si può sapere ma, conoscendo il modo di pensare degli economisti in carica alla politica europea, non essere molto pessimisti sarebbe un grave errore.

L’idea che mi sono fatto è che questo tipo di credito non valga la pena di essere utilizzato, anche se potrebbe comportare un qualche risparmio sulla spesa per interessi.

Resta comunque il fatto che sperare di far riprendere il paese da questa enorme crisi soltanto attraverso l’indebitamente è una pericolosa illusione che pagheremo molto cara. Un’Europa che non sia in grado di utilizzare, come stanno facendo tutti gli altri paesi, in un periodo di crisi simmetrica epocale una politica economica basata sull’impulso alla domanda di consumi e investimenti attraverso la creazione di moneta, dichiara esplicitamente la sua inutilità!