Israele è uno stato confessionale nato contro la volontà e sulla pelle degli arabi (gli israeliani, fateci caso, comunemente non parlano mai di palestinesi ma di arabi). Israele ha sempre avuto l’appoggio politico, in soldi e militare, dell’occidente e gli arabi e mussulmani, nonostante la supremazia territoriale e numerica, non sono mai riusciti a vincere qualcosa nei continui conflitti con Israele. Solo con il terrorismo i palestinesi qualcosa sono riusciti ad ottenere, seppur in modo sanguinario, temporaneo e precario. La situazione è ormai di conflitto strutturale in tutte le sue componenti: politiche, economiche, etniche, religiose e di valori. Insomma, la fine sembra possibile solo con la sparizione di uno dei due contendenti. L’idea dei due Stati, da sempre di fatto rifiutata dai palestinesi e anche da Israele, è ormai una pia illusione a cui non crede più nessuno ed è solo illuministicamente sbandierata da chi non sa che cosa dire.
Questo conflitto potrebbe continuare all’infinito? Penso di no, la storia insegna che prima o poi, bene o male, le cose si aggiustano. Israele, la sua vita e sopravvivenza come stato ebraico oggi sono strettamente legate al predominio mondiale degli Usa. Tale predominio è in forte crisi ed è, quantomeno storicamente, destinato non solo a diminuire drasticamente (già sta accadendo), ma a scomparire e con questo dominio scomparirà Israele. Infatti il problema è che i palestinesi e gli arabi in generale non si possono estinguere, invece lo Stato di Israele (così come lo conosciamo) sì. Mi sembra questa l’unica soluzione sostenibile nel lungo periodo: una Palestina (o nome a piacere) multietnica dal fiume al mare (quando? Boh?). Più presto arriverà una soluzione simile a quella sudafricana e un po’ meno la soluzione verrà accompagnata da un’altra terribile diaspora di massa degli ebrei israeliani.
Certamente l’opzione guerra mondiale è sempre in ballo, ma in questo caso che ci frega parlarne?