Paolo Palazzi Blog

www.paolopalazzi.it

Patrimoniale e riforma fiscale

30/11/2020

Sono anni che quando sento parlare di riforme da fare mi viene un attacco di rabbia! 

L’Italia ha bisogno di riforme? Boh? Detto così non vuol dire assolutamente nulla, quello di cui ha bisogno ogni paese è la capacità non solo di far funzionare bene e con efficienza le istituzioni, ma di chiarire quali siano i loro compiti principali. Riformare la giustizia, il sistema elettorale, la scuola, la pubblica amministrazione, il sistema fiscale? Ma certo, perché no, ma in che modo? Con quali obiettivi? Quali sono le funzioni e gli obiettivi che si propongono?

Mai che venga fatta chiaramente una discussione su questi temi, tanto che tutti i partiti, la Commissione europea, la BCE, il Fondo monetario internazionale, il Presidente della repubblica, il Papa, il verduraio, il mio barbiere, ecc. sono d’accordo che bisogna fare le riforme. 

È ovvio che parlare di riforme in questo modo è solo una truffa bella e buona di chi non ha idee o, avendone, non sono dichiarabili.

Parlare di riforma fiscale in Italia è ormai diventato uno slogan, non differente dal mantra “bisogna fare le riforme”.

Dietro questo slogan c’è chi vorrebbe far diminuire le tasse, chi vorrebbe alzarle, chi vorrebbe colpire i ricchi e le multinazionali, chi gli evasori fiscali, chi è fautore di una tassa piatta (flat tax) e chi di una forte progressività. Insomma, di tutto e di più.

Il risultato è che viene fatta passare per riforma fiscale qualsiasi modifica una tantum del sistema di tassazione che in realtà ha esclusivamente come obiettivo quello di volta in volta di raccattare qualche soldo in più o favorire qualche corporazione o interesse di parte. Il risultato è quello che chiunque abbia a che fare con il pagamento delle tasse si trova immerso una giungla complicatissima di imposte e tasse davanti alla quale riescono agevolmente a districarsi solamente eccezionali professionisti la cui missione sociale è quella di far pagare, più o meno legalmente, meno tasse possibile a imprese e persone molto ricche.

Il dibattito di questi giorni sull’opportunità o meno di aumentare le tasse ai più ricchi non sfugge a questa logica confusionaria.

Innanzitutto, mi sembra che le proposte che circolano vadano da una “una tantum” sui “super patrimoni”, alla patrimoniale progressiva (dallo 0,2% al 2%) che sostituisca l’Imu sulle seconde case e altre “tassette”. Ma in ogni proposta manca una semplice cosa: come è composta la ricchezza patrimoniale, chi la possiede, quanta è?

Da quello che so ci sono solo i dati della rilevazione a base campionaria fatta dalla Banca d’Italia che stima la struttura della ricchezza in Italia e delle sue varie forme (nella Tabella 1 riporto quella delle famiglie), dati interessanti ma completamente inutili in quanto quella che servirebbe dovrebbe essere un’anagrafe (nomi e cognomi) di persone e istituzioni che siano titolari della ricchezza. L’unica ricchezza anagraficamente identificabile è quella degli immobili e terreni (circa il 50% del totale), tutte le altre forme di ricchezza sono di difficile se non impossibile identificazione, alcune delle quali peraltro sono soggette ai più svariati tipi di tassazione.

Senza una anagrafe della ricchezza delle famiglie e imprese non è possibile immaginare un sistema di tassazione patrimoniale che possa avere un qualche senso razionale.

Personalmente sono convinto che le proposte che girano siano inutili e un po’ demagogiche, inutili dal punto di vista del risultato quantitativo netto, in realtà molto esiguo, demagogiche perché falsamente fatte passare per eque quando in realtà, non possedendo informazioni sulla titolarità della ricchezza personale, colpirebbero persone e tipi di ricchezza in modo discriminatorio e non equo.

Cadendo anche io nell’inganno di sentirci tutti “riformatori” provo a fare tre semplici proposte di “riforma fiscale” che mi sembrano relativamente facili da praticare e far comprendere.

1)    Riforma Irpef: semplice ritorno alla struttura delle aliquote del 1980 (pre-riforme di finta semplificazione ma in realtà di favore ai redditi alti) e semplificazione delle detrazioni. Nella Tabella 2 riporto le aliquote marginali del 1980 (con redditi in euro rivalutati) e quelle attuali.

2)    Mantenimento dell’Imu sulle seconde case sfitte applicando aliquote progressive sul totale del patrimonio; eliminare l’Imu dalle case affittate e tassare il reddito degli affitti sommandolo al reddito complessivo tassabile con l’Irpef.

3)    Sul patrimonio finanziario difficile fare proposte eque, vista la estrema liquidità nel possesso è difficile immaginarsi tassazione diversa dalle aliquote fisse, quindi mantenimento di quelle attuali aspettando un alquanto improbabile nominalità delle attività finanziarie. 


Ecco, ho fatto anche io una proposta che andrà a sommarsi alle inutili altre proposte che girano, in attesa di una futura e risolutiva riforma fiscale che non verrà mai alla luce.