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Qualche considerazione sul problema del bonus

19/02/2023

I bonus sono un tipico intervento di spesa pubblica per incrementare la domanda (in genere di beni capitale) e attraverso tale domanda aumentare il reddito. 

Gli effetti sull’economia dei bonus sono molto differenti rispetto alle spese in grandi opere. Infatti le grandi opere in genere hanno effetti di breve o brevissimo periodo: si costruisce, si inaugura, non si mantiene o si mantiene male (ogni grande opera dovrebbe essere accompagnata da un preventivo di flusso di spesa poliennale per il funzionamento e la manutenzione, cosa che non avviene mai), e si è pronti per un'altra opera. I bonus sono invece mirati ad obiettivi specifici i cui effetti di lungo termine (manutenzione, utilizzo, scelta della qualità, ecc.) è garantito (appaltato) ai singoli cittadini in cambio di facilitazione sulla spesa capitale (auto, finestre, miglioramento energetico, ecc.).

Quindi, primo vantaggio rispetto alle grandi opere è questo effetto di lungo periodo di evitare la sovracapitalizzazione in opere pubbliche.

Secondo elemento è che, a parità di spesa, l'effetto moltiplicativo sul reddito è molto maggiore a causa della diffusione estesa a molti individui dei benefici e quindi ne innesta una moltiplicazione della capacità di spesa e del benessere. 

Terzo elemento è, nel caso di bonus casa, che si interviene in un settore dove domina il nero, facendo obbligatoriamente lavorare tutte le imprese coinvolte in regola (tasse e sicurezza). Di fatto si incentiva la legalità, si fa diminuire il nero e in qualche modo si selezionano le imprese che più sono in grado di lavorare profittevolmente nella legalità o, addirittura, portare alla legalità imprese use a lavorare in nero

Quarto elemento: la spesa netta, fatto 100 l'impegno monetario iniziale, è molto minore di 100, dato il ritorno in forma di tassazione diretta sulla costruzione delle opere e tassazione indiretta dovuta all’aumento moltiplicativo del reddito (quindi spesa) dei singoli beneficiari. Non è fuori dalla realtà pensare che nell'arco di pochi anni il rientro della spesa potrebbe essere abbastanza vicino alla spesa iniziale, quindi a saldo quasi zero.

Quinto e ultimo: il credito fiscale. Se fosse stato mantenuto come pensato inizialmente dal governo Conte, cioè trasferibile facilmente fra soggetti, si trasformerebbe in una immissione di liquidità che in un periodo di recessione e di vincoli di bilancio monetari europei potrebbe dare un grande contributo alla ripresa economica senza infrangere le regole europee. A mio avviso è questo il punto chiave e controverso: il credito fiscale si può trasformare in una possibilità di creazione di liquidità non gestita dalla Banca Centrale Europea. Ovviamente questa caratteristica trova enorme contrarietà della BCE, lasciare nelle mani dei singoli stati una possibilità di parziale gestione autonoma della liquidità è una perdita di potere e di controllo centralizzato della BCE: che si è completamente autonomizzata dalla politica e dagli obiettivi di politica economica che interessano i singoli Stati e perfino la Commissione europea. La contrarietà al credito fiscale e ai bonus del governo Draghi (di fatto strumento della BCE) si è subito manifestata attraverso varie modifiche e soprattutto tramite un aumento delle difficoltà di ottenimento e alla possibilità di trasferimento del debito fiscale (vero obiettivo da colpire). Questo intervento ha immediatamente generato enorme incertezza nei tempi e nelle possibilità di finanziamento e ha causato una accelerazione degli interventi già iniziati con una spinta forte all’aumento improvvido di domanda di beni intermedi dell’edilizia e il conseguente aumento dei prezzi. Con il blocco della possibilità di credito fiscale l’incertezza è stata portata al limite massimo, che porterà di fatto al blocco degli interventi programmati e di quelli futuri, con gravissimi danni immediati e di lungo periodo sull’intero settore edilizio. 

Riuscire a capire la posizione della BCE sul punto dell’utilizzo del credito fiscale è molto complicato e coinvolge lo storico scontro di teoria economica fra liberismo e keynesianesimo con la “vittoria” del primo che, a mio parere, tanti danni ha portato e continua a portare.


Alcuni dubbi.

1)    Non sarebbe meglio utilizzare le risorse per migliorare i servizi ai cittadini (sanità, welfare, istruzione, ecc.)? La spesa pubblica in servizi non è confrontabile con i bonus. Le spese in servizi sono aumenti permanenti di spesa pubblica e quindi seguono logiche economiche e politiche molto differenti e non possono essere una alternativa o confrontati ai bonus, sono un'altra cosa.

2)    I bonus favoriscono i più ricchi. Certamente i bonus, essendo indipendenti dal reddito di chi ne usufruisce, potrebbero essere tendenzialmente regressivi: tale regressività è mitigata dalla possibilità di sconto in fattura che minimizza la somma da anticipare. Infatti quello che hanno eliminato non sono i bonus, ma lo sconto in fattura e la possibilità di ottenere credito fiscale alle imprese. Così chi vuole il bonus dovrà anticipare tutta la cifra e, nel caso di una cifra alta (come il per i superbonus), i percettori di redditi bassi non avranno alcuna possibilità di recuperare la cifra anticipata attraverso le tasse.

3)    In alternativa non si potrebbero fare interventi di riabilitazione e messa in sicurezza del territorio? Certamente, è una alternativa quella di fare interventi utili alla qualità della vita e sicurezza della popolazione. Purtroppo, anche in questo caso, si avrebbero i limiti che abbiamo rilevato delle grandi opere. Ovviamente non tutte le grandi opere sono inutili o uno spreco: è possibile immaginare grandi opere bellissime, ma la loro efficienza e funzionalità deve essere sempre combinata con una previsione di spesa corrente di lungo periodo per il funzionamento e la manutenzione, il che renderebbe tali opere molto più costose rispetto all’investimento iniziale con effetti sull’economia molto più limitati rispetto alla politica dei bonus.